Il fascino indiscreto dell'errore
Fin da piccoli ci insegnano che non bisogna "sbagliare". Solo ciò che è perfetto, senza errore, è bello e quando facciamo qualcosa di sbagliato inevitabilmente arriva la vergogna, il senso di inadeguatezza, la paura di essere giudicati negativamente e quindi la paura di sbagliare. Il problema è che spesso questa paura viene continuamente "rinforzata" nel nostro percorso di studi, in famiglia e poi, quando si è più grandi, anche nel mondo del lavoro.
A volte si ha paura anche semplicemente di porre delle domande, temendo di mostrare che qualcosa non è stato capito o non è chiaro, che dalla domanda possa scaturire un giudizio degli altri su di noi.
La cosa peggiore è che a volte questa convinzione diventa una "distorsione cognitiva", una lente deformante che ci porta a vedere in ogni errore una nostra inadeguatezza complessiva, fino ad avere una visione negativa del nostro modo di essere.
Questa lente deformante negativa non ci aiuta ad analizzare a fondo l'errore, a capire che tipo di strategie o comportamenti abbiamo messo in atto in una determinazione situazione e quali altre soluzioni/percorsi avremmo potuto seguire. Soprattutto, questa deformazione non ci aiuta ad accettare l'errore come parte essenziale della nostra umanità e fragilità, che ci rende belli proprio perché imperfetti, unici e diversi da un modello di perfezione che qualcun altro ha deciso per noi. Il coaching può aiutare a prendere atto di queste distorsioni cognitive, a guardare gli errori da un punto di vista completamente diverso: come opportunità di crescita, di esplorazione di sé, delle proprie modalità cognitive e comportamentali. Il coaching ci aiuta a ridare leggerezza alle cose della vita, ridendoci un po’ su invece di piangerci sopra, come ci ha insegnato Rodari nel suo bellissimo "libro degli errori", perché gli "gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli". RF
